Nessuno ci crede, che la preoccupazione di sopravvivere a ogni affetto e mantenere esattamente quell’equilibrio lì, può diventare un’urgenza, uno scoglio con cui confrontarsi.
Quella fitta sovrapposizione di strati di bene non è, sempre, replicabile.
Chi ha avuto, ereditato e vissuto esperienze positive sarà portato, almeno in potenza, a reiterarle: cercherà di replicarle.
Perché l’affetto lo ha toccato e conosciuto da vicino, se n’è cibato, ci si è avvolto come in una spessa coperta.
Il punto è capire come replicarlo, in quale modo, se con gli stessi strumenti.
Non tutti possono permettersi una famiglia.
Soprattutto oggi, ai tempi della crisi.
Allora com’è possibile sviluppare quel che si è in potenza?
L’attitudine ad amare, a prendersi cura delle persone, a manifestare il bene e l’affetto fisico è sempre possibile?!
“Se non avrò figli miei, potrò almeno avere una persona d’amare”, mi ripeto rassicurandomi.
C’è già la mia famiglia “duale”, come impropriamente la chiamo.
La mia, di famiglia, non sarà così articolata come quella dalla quale discendo ma, comunque, si articolerà di un profondo amore tra due.
E’ comunque una famiglia orizzontale, che sprigiona altrettanto bene su amici, nipoti, i figli degli altri; che si spalma dove può, in uno spazio più circoscritto.
Tanto amore tra due, piuttosto che tra più persone.
E poi?
Quando tutto questo ragionamento non basterà più, quando resteremo nella senilità ad amarci come in principio, quando non ci sopravviverà nessuno se non i nipoti e i figli degli altri, che avranno altre naturali urgenze e persone cui dedicarsi? Diventeremo degli egoisti che concentrano tutte le proprie resilienti energie su loro stessi, degli egotisti, spregiudicati individualisti, o sapremo trasformare il bisogno e l’azione d’amare in qualche cos’altro?
Probabilmente sì.
Ci basteremo, impareremo a bastarci.
Si sopravvive a tutto, anche agli schemi d’amore differenti, alle geometrie affettive non convenzionali.
E’ un po’ come con il dolore.
Con il bene, manifesto e non, espresso o meno, altrettanto.
Due facce di uno stesso potente sentimento.
Il tempo scappa e ti ritrovi, solo, a fare i primi conti con l’affetto da distribuire, con il pensare a chi allargarlo, come sopravvivere alla geometria differente.
Ci penso già, da molto tempo, perché so che la mia vecchiaia sarà differente da quella di molti altri: non migliore, né peggiore.
Sarà altro.
Dovrò sforzarmi di costruire e far sedimentare quel che ho vissuto, amato, il prodotto più o meno riuscito di tanto prodigarmi. Così è.
Il mio affeto allargato.

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